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L'ORSA MAGGIORE E L'ORSA MINORE MITOLOGIA GRECA ROMANA
Secondo Arato di Soli le due Orse, Maggiore e Minore, rammenterebbero le ninfe che allevarono Zeus a Creta, nella grotta dell’Ida dov’era stato portato per sottrarlo al padre. Crono infatti aveva ingoiato fino ad allora tutti i figli appena nati temendo che un giorno potessero detronizzarlo. Secondo Apollodoro le ninfe erano due sorelle, Adrasteia e Ida, figlie di Melisseo, ma altre fonti indicano nomi diversi. Si presero cura di Zeus mentre i Cureti, guerrieri cretesi, facevano la guardia alla grotta battendo le lance contro gli scudi per impedire a Crono di udire il pianto del bambino. Zeus volle premiarle ponendo Adrasteia in cielo nelle sembianze dell’Orsa Maggiore e Ida in quelle dell’Orsa Minore. Arato chiamava la prima costellazione Elice, ovvero “spirale”, perché gira attorno al polo, spiegando che i Greci la usavano come punto di riferimento, al contrario dei Fenici che si riferivano all’Orsa Minore, detta Cynosura. Nel mito più popolare, di origine arcade, l’Orsa Maggiore viene identificata con Callisto (Kallisto): era una ninfa dei boschi o, secondo un’altra versione del mito, la figlia di Licaone, re di Arcadia. Si era votata alla verginità e faceva parte delle compagne di Artemide che cacciavano insieme con la dea per la montagna. Un pomeriggio, mentre riposava sdraiata sul suo arco in un ombroso boschetto, la vide Zeus che se ne incapricciò. Il dio astutamente assunse l’aspetto di Artemide in modo da avvicinarsi a Callisto senza allarmarla, poiché lei fuggiva tutti gli uomini che incontrava. La ninfa l’accolse dandole il benvenuto con un bacio affettuoso. A quel punto il dio si rivelò nelle sue vere sembianze e, nonostante la reazione della fanciulla che tentava di resistergli, si unì a lei. Callisto, incinta di Arcade, cercava in tutti i modi di celare la gravidanza; ma un giorno, mentre la falce lunare rinasceva per la nona volta, il gruppo di cacciatrici giunse in un bosco freschissimo dove serpeggiava un ruscello. La dea, stanca e accaldata per la caccia, propose loro di bagnarsi nude. La storia di Callisto giunse alle orecchie di Giunone, che decise di differire la sua vendetta al momento opportuno. Quando la ninfa partorì il figlio Arcade, la dea l’affrontò afferrandola per i capelli e gettandola per terra. Pur trasformata in orsa, Callisto serbava mente umana e, manifestando la sua sofferenza con gemiti continui, levava le zampe verso il cielo vagando incessantemente per i campi. Finché un giorno il figlio Arcade, ormai quindicenne e ignaro della sorte della madre, la sorprese durante una caccia. Arcade arretrò spaventato da quegli occhi immobili che lo fissavano senza fine; quando ella accennò ad avvicinarsi si preparò a trapassarle il petto con dardo mortale. L’Onnipotente impedì il delitto e, sollevatili in aria con vento veloce, li pose nel cielo dove Callisto e il figlio divennero stelle vicine. La madre fu tramutata nell’Orsa Maggiore, Arcade nella costellazione di Boote. Quando la rivale cominciò a brillare nel firmamento, Giunone adirata si recò nel mare a trovare la candida Teti e il vecchio Oceano, lamentandosi con loro per il duplice affronto che aveva subito dall’augusto marito. Per questo motivo, spiegava Igino, l’Orsa Maggiore non tramonta mai, condannata a girare perennemente nel cielo senza poter godere di un riposo nelle acque dell’Oceano, ovvero senza mai tramontare. Altrettanto fantasiosamente lo Schiller immaginò nel suo stellato cielo cristiano la Navicella di San Pietro. |