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PERSEO-PEGASO-CASSIOPEA-ANDROMEDA
Perseo Nell’emisfero boreale si susseguono in una specie di gigantesco semicerchio cinque costellazioni a rappresentare nel cielo l’epopea di Perseo: Cefeo, Cassiopea, Perseo, che è nel centro, Andromeda e infine Pegaso, il cavallo alato. Le stelle di Perseo La costellazione, una delle più ampie, si estende per una lunghezza di 28° e le sue stelle principali, da δ a η, formano una linea curva detta il Segmento di Perseo. La sua lucida, α Persei (di magnitudine 1,79), si chiama Algenib, dall’arabo al janb, “il fianco”, dov’è infatti situata; ma è detta anche Marfak, Mirfak o Mirzab, che vuol dire “gomito”. Questa discordanza è dovuta a due diverse configurazioni dell’immagine nelle mappe antiche. Perseo (Perseus) è rappresentato nel cielo come un guerriero che porta in testa l’elmo capace di renderlo invisibile, i calzari alati ai piedi, che gli permettevano di volare, e il falcetto affilatissimo di Ermes. Talvolta ha lo scudo-specchio, che gli permise di vedere la Medusa di riflesso senza essere pietrificato, e la sacca magica dove posò la testa del mostro. Con una mano impugna l’arma, che spesso si trasforma in una spada, mentre con l’altra afferra la testa della Medusa su cui brilla la stella più diabolica e nefasta del cielo, β Persei, detta Algol, dall’arabo ras al ghul, “la testa del demonio”. Questa è il prototipo della classe delle binarie a eclisse, in cui due stelle vicine si eclissano periodicamente l’un l’altra mentre orbitano intorno al baricentro comune; nel caso di Algol le eclissi si verificano ogni 2,87 giorni mentre la magnitudine apparente della stella scende da 2,15 a 3,5 per un periodo di dieci ore prima di tornare al suo massimo. Vicino a γ Persei, una binaria di magnitudine 2,91 situata all’attaccatura del braccio con la spalla, si trova il radiante delle meteore Perseidi, la più spettacolare pioggia meteorica di tutto l’anno: intorno al 12-13 agosto, quando la costellazione di Perseo si leva all’orizzonte di nordest, se ne possono vedere fino a sessanta all’ora. Ma secondo la credenza popolare si manifesterebbero massicciamente nella notte del 10, festa di San Lorenzo. Pegaso Le stelle di Pegaso Pegaso (Pegasus) è una delle costellazioni più facilmente individuabili nel cielo fra luglio e gennaio, situata sopra i segni dei Pesci e dell’Acquario. In realtà rappresenta soltanto la metà anteriore del cavallo, ma nonostante questa “mutilazione” è la settima costellazione per dimensioni. Una delle sue caratteristiche è il Quadrato di Pegaso, in realtà un trapezio, formato da quattro stelle luminose; ai tempi dei Greci una di queste era in comune con Andromeda e segnava sia l’ombelico del cavallo sia la cima della testa della figlia di Cefeo e Cassiopea. Gli astronomi moderni l’hanno invece attribuita soltanto ad Andromeda (α Andromedae, di magnitudine 2,1). Ma il Quadrato rimane nel cielo, nonostante gli astronomi. Delle altre tre stelle, α Pegasi (di magnitudine 2,5) è detta Markab, che in arabo significa “sella”; β Pegasi (di magnitudine che varia da 2,1 a 3 con un periodo irregolare di circa un mese) è chiamata Scheat, da al sa’id, “il polpaccio”, ma fra gli Arabi era più popolare col nome di Mankib al faras, “la spalla del cavallo”: la si considerava fondamentalmente negativa; γ Pegasi (di magnitudine 2,84) è Algenib, da al janah, “l’ala”, o secondo un’altra interpretazione da al janb, “il fianco”. Curiosamente ha lo stesso nome di α Persei: si tratta probabilmente di un errore degli antichi astronomi, dovuto al fatto che entrambe le stelle sono situate su un “fianco” delle due figure, sebbene quello del cavallo sia un’ala; errore che si è tramandato fino a oggi. Al Quadrato s’innesta una linea curva formata da tre stelle, ζ Pegasi (di magnitudine 3,46), detta Homam, da sa’d al human, “la fortunata stella dell’eroe”; θ (di magnitudine 3,53), detta Baham, da sa’d al bahaim, “la fortunata stella delle due bestie”; ed ε (di magnitudine 2,4), detta Enif, da al anf, “il naso”, poiché si trova sulla narice del cavallo: rappresentano il collo e la testa dell’animale. Il Cavallino Il Cavallino è una costellazione poco luminosa, tant’è vero che la sua stella più brillante, α Equulei, detta Kitalpha (dall’arabo al kit’ah al faras, “la parte anteriore del cavallo”) raggiunge soltanto la magnitudine 4,14. Le altre, β, γ, δ, ed ε, sono rispettivamente di magnitudine 5,14, 4,7, 4,49 e 5,29. Cefeo Lo si raffigura tradizionalmente con un turbante sul capo sormontato dalla corona, in una mano il lembo del manto e nell’altra lo scettro regale. E’ situato fra la Via Lattea e il polo Nord, al quale è così vicino che il suo piede tocca quasi la stella polare. D’altronde, circa ventimila anni fa, il polo si trovava proprio nella costellazione di Cefeo. Le sue stelle non sono molto luminose, sicchè è problematico ricostruirne la figura. La sua lucida è α Cephei (di magnitudine 2,44), detta Alderamin, da al dhira’al yamin, “spalla destra”, perché si trova in quella posizione; β Cephei (di magnitudine 3,15) è chiamata Alfirk, dal termine arabo che designa il gregge, mentre γ Cephei (di magnitudine 3,21), che sarà la polare fra circa 2000 anni, è detta Er Rai o Alrai, da al rai, “il pastore”, perché i pastori mediorientali vedevano in questa regione del firmamento un pastore che con il suo cane osservava le pecore al pascolo; δ Cephei (una variabile di magnitudine che oscilla fra 3,6 e 4,3, con un periodo di 5 giorni, 8 ore e 48 minuti) è invece considerata il prototipo delle stelle cefeidi variabili che gli astronomi usano per stimare le distanze nello spazio. Successivamente gli astronomi arabi chiamarono tutta la costellazione Al Multahab, “il fiammante”. Cassiopea Le stelle di Cassiopea La costellazione di Cassiopea (Cassiopeia), ruotando intorno al polo Nord, compare rovesciata quando si trova sotto di esso. La regina è seduta su una sedia, mentre con una mano giocherella con i lunghi capelli e con l’altra tiene in mano un ramo di palma. E’ facile individuarla perché, rispetto alla stella polare, è situata dalla parte opposta del Gran Carro, e le sue cinque stelle principali assomigliano a una W quando si trovano sopra il polo e a una M quando ne sono al disotto. La sua lucida è α Cassiopeiae, di magnitudine 2,2) ovvero “la mano”. La γ (di magnitudine variabile fra 1,6 e 3, con una media di 2,4) non ha nome, mentre la ε (di magnitudine 3,4) si chiama Segin, di significato incerto, e la δ (di magnitudine 2,7) Ruchbah, dall’arabo al rub kbah, “il ginocchio”. Due stelline contigue, θ (di magnitudine 5) e μ (di 5,15), furono dette insieme al Marfik, che significa “il gomito”, perché si trovano in quella parte del corpo. La sequenza delle cinque stelle della M era simboleggiata nel secolo scorso dalla parola Bagdei, dov’erano raccolte le lettere greche, tradotte in quelle latine, delle stelle principali che la identificavano. Andromeda Le stelle di Andromeda La costellazione di Andromeda non è particolarmente appariscente poiché le sue stelle più luminose sono soltanto della seconda magnitudine. Tuttavia non è difficile individuarla nel cielo perché, tracciando una linea che, partendo dalle Stelle Puntatrici del carro dell’Orsa Maggiore, passa per la stella polare, s’incontra infine Sirrah o Alpheraz (α Andromedae), di magnitudine 2,06: entrambi i nomi derivano dall’arabo al surrat al faras che significa “l’ombelico del cavallo”, poiché questa stella era condivisa anticamente con Pegaso. Nelle sfere arabe era descritta come Al Ras al Mar’ah al Musalsalah, “la testa della donna in catene”. Un’altra stella di questa linea, Mirach (β Andromedae, di magnitudine 2,03), è una deformazione di Mi’zar, che significa “cinta”; ma nella tarda astronomia araba era detta al Janb al Musalsalah, “il fianco della donna in catene”. Una volta era condivisa con il Pesce Boreus, quello rivolto a nord, tant’è vero che nella ventiseiesima stazione lunare araba la si chiamava Al Batn al Hut, “la pancia del pesce”, o Al Kalb al Hut, “il cuore del pesce”. Una terza stella alla fine della stessa linea, γ Andromedae (una tripla le cui due componenti più brillanti sono rispettivamente di magnitudine 2,2 e 5,0), è chiamata Alamac o Almach, dall’arabo al anak al ard, un piccolo animale predatore dell’Arabia che assomiglia al tasso. In realtà essa indica il piede incatenato della giovane, tant’è vero che era anche detta Al Rijl al Musalsalah, “il piede della donna”. Probabilmente il suo nome astronomico, ormai canonico, di Alamac induce a congetturare che, nell’arcaica astronomia araba, le sue stelle componessero una figura completamente diversa dall’attuale. |