ASTROLOGIA GIOVE MITOLOGIA GRECA ROMANA
In Grecia venne assegnato a Zeus e a Roma a
Giove. Il nome di Zeus, genitivo Dios,
deriva dalla radice indoeuropea div-
(splendere). Non diversamente il romano Iuppiter, genitivo Iovis o Diovis, dal tema Iou- (Diou-), rispecchia nel nome il “cielo luminoso”, tant’è vero che il
sovrano del cosmo era anche chiamato Diespiter, “cielo padre”, nella sua forma
invocativa. Il quale Diespiter corrisponde al vocativo greco Zéu pater e al sanscrito Dyauh Pitá. Con il lampeggiare del suo
fulmine libera, coordina e unisce le energie opposte, associa il divino
all’umano: in questa luce vanno interpretati i miti, letteralmente
incomprensibili se non risibili, in cui egli si accoppia con donne mortali da
cui nasceranno eroi. «Si poteva chiamare Provvidenza percioché provedeva che il
mondo andasse del continuo al suo ordinato corso. Lo potevano dire Natura
perché da lui nascevano tutte le cose, per lui viveva ciò che ha vita. E Mondo
parimenti potevano chiamarlo perché ciò che si vede tutto è lui che di sua
virtù propria sostiene, e così era creduto essere in tutti i luoghi et empire
di sé ogni cosa, come dice Virgilio: “Del sommo Giove l’universo è pieno”. E
Orfeo diceva parimente che Giove è primo et ultimo di tutte le cose, fu innanzi
a tutti i tempi che unqua sono stati e sarà dopo tutti quelli che verranno; e
che tiene la più alta parte del mondo e tocca la più bassa ancora, et è tutto
in tutti i luoghi. E facendone una immagine poi, perché ha detto già che in lui
sono tutte le cose, la terra, l’acqua, l’Aria, et il fuoco, il giorno e la
notte, lo dipinge in forma di tutto il mondo, facendo ch’l capo con la dorata
chioma sia il lucido cielo ornato di risplendenti stelle, dal quale si veggono
due corna uscire parimente dorate, che significano l’uno l’oriente e l’altro
l’occidente: gli occhi sono il Sole e la Luna; l’aria il largo petto e gli
omeri spaziosi, li quali hanno due grandi ali per la velocità de i venti e
perché Iddio si fa prestissimo a tutte le cose; l’ampio ventre è la gran terra
cinta dalle acque del mare et i piedi sono la più bassa parte del mondo, la
quale fanno essere nel centro della terra». Lo si rappresentava nelle sembianze
di un uomo maturo, barbato e baffuto, con le folgori fra le mani e ai piedi
l’aquila che talvolta portava nel becco i fulmini. La regina degli uccelli gli
era consacrata perché si favoleggiava che, unica fra le creature dell’aria,
fosse capace di fissare indenne il Sole e mai venisse colpita dalle saette.
Quando Zeus chiamava a concilio gli altri dei, portava in capo una corona
regale splendente e fiammeggiante, mentre un lucido velo, tessuto da Atena, gli
copriva la nuca. Sopra un vestito bianco si posava un manto dipinto a
scintillanti stelle; nella mano destra portava due palle, l’una d’oro, l’altra
d’oro e d’argento, e nella sinistra una lira con nove corde; le scarpe erano di
verde smeraldo; e sedeva sopra un panno tessuto di penne di pavone; infine
calcava il piede su un tridente. Le stelle e il tridente indicavano che egli
regnava su cieli, terra e mare; sicché, come spiegava a pochi iniziati,
Poseidone-Nettuno e Ade-Plutone erano in realtà due altre sue immagini nel mare
e negli inferi.
|