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ASTROLOGIA SCORPIONE MITOLOGIA GRECA ROMANA
Un giorno il gigantesco Orione s’imbattè in Artemide che lo convinse a cacciare in sua compagnia. Apollo, ricordando che il bel Cacciatore aveva sedotto Eos, ovvero l’Aurora, che da allora arrossisce ogni mattina a causa della profanazione subita, si recò dalla Madre Terra narrandole come quell’uomo si vantasse di essere capace di sterminare qualunque essere vivente lei albergasse in seno. La dea, sdegnata per tanta tracotanza, scatenò contro di lui un velenoso scorpione. Orione si difese scagliandogli delle frecce, poi contrastandolo con la spada; ma quando si accorse che l’animale era invulnerabile e che l’unica possibilità di salvezza consisteva nella fuga, si tuffò nel mare nuotando verso Delo dove sperava che Eos, l’antica amante, lo avrebbe protetto. Apollo suggerì allora ad Artemide: “Vedi quell’oggetto nero che affiora sul mare nei pressi di Ortigia? E’ il capo di un essere malvagio, Candaone, che poco fa ha sedotto Opide, una delle tue sacerdotesse iperboree. Ti sfido a trafiggerlo con una freccia”. In realtà Candaone era il soprannome di Orione in Beozia, ma Artemide non lo sapeva. La dea scoccò la freccia colpendo il bersaglio, poi raggiunse a nuoto la vittima accorgendosi con raccapriccio di aver trafitto il capo del Cacciatore. Piangendo, si rivolse ad Asclepio, il figlio di Apollo, chiedendogli di restituire la vita al giovane. Il Guaritore lo avrebbe fatto volentieri se prima di mettersi all’opera non fosse stato colpito da una folgore di Zeus. Allora Artemide pose fra le stelle l’immagine di Orione eternamente inseguito dallo Scorpione. E in effetti le due costellazioni sono sistemate l’una di fronte all’altra, sicchè, quando Orione tramonta, il suo aggressore, lo Scorpione, sorge. L’animale incastonato nel cielo appare anche in un altro mito, quello di Fetonte, figlio del Sole e dell’oceanina Climene. La madre lo aveva allevato celandogli per molti anni il nome del padre. Quando finalmente Fetonte lo venne a conoscere, decise di compiere un tortuoso e lungo pellegrinaggio fino al palazzo del dio che, commosso dall’amore filiale, gli promise di esaudire un suo desiderio. Il giovinetto gli chiese di guidare il carro solare dall’alba al tramonto; e il Sole, dopo aver esitato a lungo, acconsentì pur tra mille raccomandazioni. Fetonte cominciò a seguire la rotta tracciata sulla volta celeste. Ma i cavalli, non abituati al nuovo inesperto auriga, gli presero la mano cominciando a scorrazzare per il cielo. Impietrito dallo spavento, l’incauto giovane non mollava le redini né aveva la forza di tirarle. S’incendiavano montagne e città, si spaccava il suolo. Madre Terra levò faticosamente il volto, arida fino al collo, chiamando gli dei in aiuto. E Zeus fu costretto a colpire Fetonte facendolo precipitare nel fiume Eridano. |