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CAVALLINO CEFEO CASSIOPEA ANDROMEDA MITOLOGIA
IL CAVALLINO Ippe, figlia del centauro Chirone, era stata allevata sul monte Pelio dove si dedicava alla caccia. Un giorno si lasciò sedurre da Eolo, figlio di Elleno e della ninfa Orseide, rimanendo incinta. Per evitare al padre la vergogna di scoprirla in quello stato, fuggì nella foresta. Chirone, preoccupato della inspiegabile scomparsa, si mise alla sua ricerca. Quando Ippe si accorse che prima o poi sarebbe stata scovata, pregò gli dei di nasconderla agli occhi del padre. La sua preghiera fu esaudita: dopo il parto fu mutata in una cavalla e incastonata nel cielo stellato. Igino riferisce un’altra versione del mito, secondo la quale Ippe era una profetessa che a causa della pessima abitudine di rivelare sempre agli uomini i disegni degli dei venne mutata in una giumenta. CEFEO Andromeda, che Perseo aveva visto nuda e incatenata a uno scoglio, era figlia di Cefeo e di Cassiopea, due altre figure dell’emisfero boreale. Cefeo (Kephéus in greco, Cepheus, in latino, nome astronomico della costellazione) era di stirpe divina perché discendeva in quarta generazione dalla ninfa Io e da Zeus. Regnava sui Cefeni, popolo dell’Etiopia, il cui nome designava anticamente fra i mitografi le terre dell’estremo Sud. Ma vi era tuttavia chi situava il suo regno sulle rive dell’Eufrate. Talvolta Cefeo è stato confuso erroneamente con l’omonimo re di Tegea, in Arcadia, che aveva partecipato alla spedizione degli Argonauti. Lo si raffigura tradizionalmente con un turbante sul capo sormontato dalla corona, in una mano il lembo del manto e nell’altra lo scettro regale. E’ situato fra la Via Lattea e il polo Nord, al quale è così vicino che il suo piede tocca quasi la stella polare. D’altronde, circa ventimila anni fa, il polo si trovava proprio nella costellazione di Cefeo. Ci si è domandati perché un personaggio tanto secondario nella mitologia greca abbia goduto del privilegio di apparire nel cielo. La risposta che il padre di Andromeda è uno dei personaggi del mito di Perseo non ci pare molto convincente. Occorre invece riferirsi ancora una volta alla terra da cui ha preso le mosse la nostra astronomia, la Mesopotamia, dove si raffigurava in questa regione celeste un re, il cosiddetto “figlio di Belos”, di cui Plinio il Vecchio scrisse: “Fu l’inventore della scienza delle stelle”. CASSIOPEA Cassiopea, sposa di Cefeo e madre della povera Andromeda incatenata alla roccia e offerta in pasto al mostro marino, era la vanitosa regina d’Etiopia che un giorno ebbe l’ardire di sfidare le Nereidi a una gara di bellezza, vantandosi di essere superiore a tutte loro. Le Nereidi si adirarono a tal punto che chiesero a Poseidone di punirla. Il dio non soltanto provocò una terribile inondazione che prostrò il paese ma creò successivamente un mostro marino che terrorizzava le coste. L’oracolo di Ammone sentenziò che gli dei sarebbero stati placati se la figlia di Cassiopea fosse stata offerta in pasto al mostro. Cefeo non poté sottrarsi alla richiesta perché era condivisa dagli stessi suoi abitanti esasperati dal mostro. ANDROMEDA Andromeda taceva non osando, lei vergine, rivolgersi a un uomo; e per la timidezza si sarebbe nascosta il volto fra le mani se non fosse stata legata. Siccome egli insisteva, la giovane col volto solcato dalle lacrime decise di narrargli la sua storia. Non aveva ancora finito il racconto che dalle acque scroscianti affiorò un mostro gigantesco. Mentre i suoi genitori assistevano impotenti all’imminente tragedia, Perseo chiese loro di accordargli la mano di Andromeda qualora fosse riuscito a salvarla, ed essi non soltanto accettarono la proposta ma promisero un regno come dote. Dopo una lunga lotta Perseo riesce infine a uccidere il mostro mentre grida di gioia e applausi si levano dalla spiaggia e dalle dimore degli dei nel cielo. Liberata dalle catene, Andromeda viene infine concessa al giovane vittorioso. Mentre fervevano i preparativi per le nozze dei due giovani, ci si era dimenticati di Fineo, fratello di Cefeo, che era stato fino all’arrivo dell’eroe il promesso sposo di Andromeda. Infuriato per quello che considerava un tradimento, meditava di vendicarsi uccidendo l’eroe straniero e di sposare la nipote. Durante le nozze, egli irruppe con un gruppo di suoi fidi tra i convitati circondando Perseo. Nonostante Cefeo cercasse di convincerlo a non profanare il sacro rito nuziale, scoppiò la battaglia. Perseo, pur combattendo valorosamente e uccidendo molti assalitori, si rese conto che non avrebbe resistito a lungo di fronte a quelle forze soverchianti. Allora decise di usare la sua arma infallibile: dopo avere pregato i convitati di voltarsi, estrasse la testa della Medusa trasformando Fineo e i suoi seguaci in statue. Poi, indossati i calzari alati, afferrò Andromeda e s’involò nel cielo dirigendosi verso Serifo. Nell’isola sua madre Danae si trovava in difficoltà perché Polidette, credendo Perseo morto, cercava di sposarla con la forza. La donna, riluttante, si era rifugiata sul suolo sacro del tempio di Atena dove nessuno poteva catturarla, pena un gravissimo sacrilegio che avrebbe attirato la punizione degli dei. Perseo sorprese Polidette e i suoi amici mentre stavano banchettando e li trasformò in statue di pietra mostrando loro la testa della Medusa. Poi restituì a Ermes i sandali alati, la bisaccia e l’elmo e diede la testa della Medusa ad Atena, che la collocò al centro del suo scudo. Insieme con Danae e Andromeda l’eroe decise di raggiungere Argo per reclamarne il regno. Quando Acrisio venne a sapere del suo imminente arrivo, si rifugiò a Larissa ricordandosi del funesto oracolo. Un giorno Perseo si recò a Larissa per partecipare ai giochi funebri che il re Teutamide aveva indetto in onore del padre morto. Mentre gareggiava nel pentathlon, lanciò malamente il disco che cadde tra gli spettatori colpendo a morte proprio Acrisio, il quale si trovava in quel luogo, ignaro della presenza del nipote. “Perseo capì allora che si era compiuto l’oracolo” narra Artemidoro “e diede sepoltura ad Acrisio fuori della città”; si vergognava però di ritornare ad Argo per raccogliere l’eredità dell’uomo di cui aveva causato la morte; si recò allora a Tirinto da Megapente, figlio di Preto, e scambiò il regno con lui cedendogli il trono di Argo. Così Megapente diventò re di Argo e Perseo di Tirinto”. |