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LEONE-IL CANE-LA LEPRE-CHIOMA DI BERENICE
Le stelle del Leone La più luminosa stella della costellazione (di magnitudine 1,35) è Regolo (Regulus, α Leonis) che, splendente sul cuore, è secondo Tolomeo marziale e gioviale nello stesso tempo. Regulus, che in latino significa “piccolo re”, è la traduzione del greco basiliskos: così questa stella veniva chiamata da Tolomeo. Ma dappertutto e in ogni tempo le si è attribuito un carattere regale: per le più antiche popolazioni della Mesopotamia era il Re (LUGAL in sumerico, sarru in accadico) e per gli Ebrei la Stella di David. Durante il Medioevo fu anche detta Cor Leonis, “cuore del leone”. Oggi culmina sul suo meridiano il 19 febbraio. Tirando una retta da Regolo fino a η Leonis (di magnitudine 3,52) si disegna un manico al quale pare attaccata una lama ricurva, raffigurata a sua volta dalle stelle della criniera: il nome della prima, Algieba (γ Leonis, una doppia costituita da due stelle giganti di magnitudine 2,28 e 3,53), deriva dall’arabo al jahbah, che significa “la fronte”, sebbene la stella si trovi sulla criniera. L’incongruenza si spiega col fatto che gli Arabi prima di recepire l’astronomia ellenistica avevano disegnato nel cielo un Leone gigantesco. La seconda è Aldhafera (ζ, di magnitudine 3,44), che significa “ricciolo della criniera”, dove è situata; la terza, μ (di magnitudine 3,3), e la quarta, ε (di magnitudine 2,98), sono dette rispettivamente Ras Elased Borealis e Ras Elased Australis. I loro nomi, che derivano rispettivamente da quelli arabi Al ras al Asad al Shamalyy e Al ras al Asad al Janubiyyah, significano “testa del Leone Boreale” e “testa del Leone Australe”, poiché sono situate in quella posizione, la prima a nord, la seconda a sud. Insieme si chiamano Al Ashfar, “le sopracciglia”, perché probabilmente in certe figure arabe antiche si trovavano in quella posizione. Tutte queste stelle compongono la cosiddetta Falce che era popolare tra gli agricoltori nel periodo in cui il Sole solstiziale cadeva nel segno del Leone, segnando il periodo del taglio del grano. In Mesopotamia la si chiamava Gis-mes, “l’arma ricurva”; fra i Sodiani e i Korasmani Khamshish, “la scimitarra”. Β Leonis (di magnitudine 2,14) si chiama invece Denebola, da Al Dhanab al Asad, “coda del leone”, perché si trova in quella posizione. Quanto a δ Leonis (di magnitudine 2,55), nel Rinascimento è stata chiamata erroneamente Zosma, dal greco zosma, che significa “cintura, fascia”, pur essendo situata sul dorso dell’animale, come spiegava il nome arabo Al Thar al Asad. Infine λ Leonis (di magnitudine 4,31), è detta Alterf, dal nome arabo Al Tarf, che è stato tradotto sia con “occhiata”, forse perché anticamente era situata nell’occhio, sia come “fauci”, posizione in cui si trova nelle mappe moderne. Verso il 17 novembre, da un punto vicino a γ Leonis sembrano irradiare le meteore Leonidi, che normalmente sono poco numerose. Ma in certe occasioni si sono registrate spettacolari “tempeste” durante le quali ne sono cadute fino a 100 mila all’ora, come una nevicata celeste. Il Cane Maggiore, la Canicola e Sirio Sotto il segno del Leone si entra convenzionalmente nella Canicola, il periodo torrido dell’anno, il cui nome deriva dalla costellazione del Cane Maggiore (Canis Major) che contiene la stella più brillante di tutto il firmamento, Sirio (α Canis Majoris), detta anticamente anche Cane, una doppia di magnitudine -1,42, situata sul muso dell’animale: la sua luce è così intensa che nelle notti straordinariamente buie delle Ande subequatoriali proietta delle lievissime ombre sulla Terra. A causa della precessione degli equinozi Sirio perse nel 2200 la funzione di annunciatrice del solstizio. Verso la metà del I millennio a.C. si levava col Sole verso il 24 luglio, segnando l’inizio del periodo più caldo dell’anno. Ora le date sono ulteriormente cambiate: Sirio, situata sul muso del Cane, si leva col Sole in settembre e comincia ad apparire a ottobre verso sudest, dopo la mezzanotte, per poi anticipare ogni mese che passa la sua levata di circa due ore. Culmina sul suo meridiano alla mezzanotte del 1° gennaio. Risplendente a est del gigante Orione, scomparirà, verso sudovest, nelle ultime sere di aprile. Il Cane Minore Tolomeo chiamava Procione il Cane Minore (Canis Minor), dandogli il nome della sua stella più splendente. Il suo nome greco, Prokyon, che significa “prima del cane”, deriva dal fatto che in effetti sorge prima (prò) del Cane (kyon) Maggiore, essendo la sua costellazione situata fra i Gemelli e il Cancro, anche se poco più a sud. Insieme con Sirio (nel Cane Maggiore) e Betelgeuse (in Orione) forma un triangolo equilatero con la punta rivolta a meridione, ben visibile nel cielo. Successivamente la costellazione venne detta Antecanis, Antecedens canis, Antecursor, Praecanis, Procanis. Vitruvio la chiamò Canis Septentrionalis poiché si trovava più a nord rispetto al Cane Maggiore; Canis Parvus in rapporto alla sua lucentezza; Canis Primus poiché sorgeva prima dell’altro; e infine, per la prima volta nella storia dell’astronomia, Canis Minor in rapporto alla magnitudine di Sirio: nome che è diventato ormai canonico. Le stelle del Cane Minore La più luminosa stella della costellazione è Procione (α Canis Minoris, una doppia di magnitudine 0,3): ottava per luminosità di tutto il firmamento, è situata sul corpo dell’animale, quasi al centro; mentre la seconda, situata sul muso, è Gomeisa. La Lepre Il Cane Maggiore sembra inseguire da vicino, quasi toccare con le zampe, la Lepre (Lepus) mentre il Cane Minore la punta dall’alto, un poco distanziato. Questa costellazione sorge quasi contemporaneamente al Cane Minore e poco prima del Maggiore. Non è la prima volta che vediamo delle figure celesti in conflitto tra loro. Già si è descritto Orione che sembra attaccare il Toro celeste; successivamente vedremo Ercole che sta per abbattere il Drago con la sua clava e Ofiuco che cerca di dominare con le mani il Serpente, mentre con il piede schiaccia lo Scorpione il quale a sua volta lo minaccia col pungiglione velenoso. La Lepre, che pare accovacciata ai piedi di orione ed è oscurata dallo splendore del Cacciatore, è formata da stelle poco luminose: la lucida, α Leporis, di magnitudine 2,6 si chiama Arneb, dall’arabo al arnab, “lepre”, che è anche il nome di questa costellazione; la seconda è detta Nihal (β Leporis di magnitudine 2,85), da al nihal, “i cammelli che spengono la loro sete”, nome che al Sufi diede complessivamente alle stelle più luminose della costellazione: oltre alle due già ricordate, γ Leporis, di magnitudine 3,6 e δ Leporis di magnitudine 3,9. Vi immaginava quattro cammelli che in ordine sparso erano in procinto di abbeverarsi al fiume Eridano sgorgante sopra di loro, dalla stella Rigel di Orione. La Chioma di Berenice ovvero la coda del Leone Tra Boote e il Leone, proprio sopra la Vergine, si scorge un ammasso di stelline di luce debole che i Greci non avevano classificato come una costellazione perché le consideravano parte del Leone. Le più luminose sono Diadema (α Comae Berenicis, di magnitudine 4,2) e β Comae Berenicis, che ha la stessa grandezza. Eratostene, studiando la Corona Boreale, chiamò questa massa di stelle la Chioma di Arianna, ma sotto la voce Leone si contraddì, affermando che componevano la Chioma della Regina Berenice d’Egitto, nome che, accorciato in Chioma di Berenice, è giunto fino a noi. Tolomeo invece, che non le promosse nel suo elenco delle costellazioni universalmente accettate, le immaginò come un Ricciolo. Ma soltanto nel 1602 furono incluse da Tycho Brahe nel suo autorevole catalogo stellare. |