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TORO-IADI-PLEIADI-ALCIONE-ORIONE
Le Iadi Il Toro, che guardando verso levante si trova in una delle zone più ricche e luminose del firmamento, è celebre soprattutto per due distinti gruppi di stelle, le Iadi, situate a forma di V sul suo muso, e le Pleiadi, un ammasso di stelle che brillano sul possente collo. Probabilmente, in epoca arcaica, prima che venisse creata questa immagine animale, i due asterismi dovevano essere due costellazioni distinte. Lo confermava indirettamente Eudosso inserendo le Pleiadi fra le quarantasette costellazioni che egli aveva catalogato. Sappiamo anche dal testo astronomico babilonese Mul-apin, che risale alla fine del III millennio a.C., che il nome accadico del toro era is la, ovvero la Mascella del Toro formata dalle Iadi. Ma non possediamo una documentazione sufficiente per ricostruire con precisione la storia del cielo e delle costellazioni che si sono succedute in quel punto. In realtà le Iadi sono un grande ammasso aperto di oltre duecento stelle, di cui le più luminose formano la famosa V visibile a occhio nudo. La lucida è α Tauri (di magnitudine 0,86), detta Aldebaran, dall’arabo al dabaran, che significa “la successiva” perché sorge dopo le Pleiadi: è una stella dal colore arancione che costituisce l’occhio destro del Toro. Le lunghe corna dell’animale sono invece rappresentate da due altre Iadi, β Tauri (di magnitudine 1,65), detta Al Nath, dall’arabo al natih, “quella che dà una cornata”, e ζ Tauri (di magnitudine 3). Da un punto vicino a un’altra Iade, ε Tauri (di magnitudine 3,63), detta Ain, dall’arabo ‘ain, “l’occhio”, perché è situata sopra quello sinistro, irradiano ogni anno le meteore Tauridi, raggiungendo un massimo di circa dodici all’ora intorno al 3 novembre. Le Pleiadi L’altro celebre gruppo nella costellazione del Toro è costituito dalle Pleiadi che, nonostante la loro modesta luminosità rispetto alle stelle vicine di Orione o ad Aldebaran, hanno suscitato fin dall’epoca arcaica un grandissimo interesse forse perché appaiono come un asterismo dall’aspetto misterioso. Intorno al 2500 a.C. diventarono astronomicamente importanti perché la loro levata eliaca cadeva all’equinozio di primavera, che per i popoli della Mesopotamia segnava l’inizio dell’anno. I Greci diedero il loro nome al grande anno precessionale di circa 26 mila anni solari, il tempo che impiega il punto gamma, dove equatore celeste ed eclittica s’intersecano, a tornare nella costellazione da cui era partito: lo chiamarono “il grande anno delle Pleiadi”, ribattezzato nel Rinascimento “anno platonico”. Oggi, a causa della precessione degli equinozi, le Pleiadi cominciano a vedersi in prima serata verso nordest circa a metà agosto. Poi salgono a poco a poco sul cielo per giungere alla culminazione, in pieno sud, fra dicembre e gennaio; in febbraio toccano il sudovest, in marzo discendono ancora di più per scomparire con l’avanzare della primavera. Alcione La più luminosa di questo asterismo è Alcione. Orione Le Pleiadi sembrano inseguite da Orione (Orion), la più imponente costellazione del cielo invernale, strettamente collegata a quella del Toro perché appare nel cielo proprio sotto di essa, a sud dell’eclittica: la si rappresenta nelle sembianze di un guerriero in ginocchio che col braccio destro levato brandisce una clava o una spada e col braccio sinistro sorregge una pelle di leone oppure afferra con la mano uno scudo: sembra stia per colpire il Toro che si trova nel cielo proprio di fronte a lui. Le stelle di Orione Orione sorge ora nel cielo stellato dell’autunno per restarvi fino a primavera. Sarà questa costellazione, insieme con quelle dell’Auriga, del Toro, dei Gemelli, del Cane Maggiore e del Cane Minore, a risplendere nel cielo invernale nella più spettacolare e misteriosa – per chi ha il cuore per avvertirla – concentrazione di astri luminosissimi. La si riconosce immediatamente per le tre stelle allineate, Alnitak (ζ Orionis, di magnitudine 1,79), dall’arabo al nitak, “la fascia”; Alnilam (ε Orionis, di magnitudine 1,7), da al nitham o al nathm, “filo di perle”; e Mintaka (δ Orionis di magnitudine 2,2), da al mintakah, “la cintura”. Le tre stelle compongono la cosiddetta Cintura di Orione che fu chiamata in arabo in vari modi, o col nome di una delle tre stelle, oppure Al Nasak, “la linea”, Al Alkat, “i tre grani d’oro”, Al Nijad, che significa egualmente “la cintura”, o Fakar ak Jauzah, “le vertebre sulla schiena di Orione”. In India Isus Trikanda significava “le tre frecce legate insieme”. In Groenlandia le tre stelle si chiamavano Siktut, “i cacciatori di foche”, perché una leggenda narrava che prima del trasferimento nel cielo erano stati tre cacciatori dispersi durante una caccia. Più poeticamente gli aborigeni australiani le chiamavano “ i giovanotti danzanti” che stavano ballando per attirare l’attenzione di alcune giovinette rappresentate dalle Pleiadi. Contiene una supergigante rossa, Betelgeuse (α Orionis), da 300 a 400 volte il diametro del Sole, tanto instabile che si espande e si contrae mutando anche il suo splendore da magnitudine 1,3 a 0,4. Il suo nome deriverebbe dall’arabo Ibt al Jauzah, modificato in Bed Elgueze, Beit Algueze, Bet El-geuze, Beteigeuze, Beltelgeuze: significa “l’ascella di colui che è al centro”: questa interpretazione potrebbe essere stata suggerita da alcune illustrazioni in cui Betelgeuse è situata all’altezza dell’ascella del gigante. Secondo un’altra interpretazione, invece, il nome sarebbe la traduzione-deformazione di Yad alyauza, col significato di “mano della femmina di mezzo”. Al-jauza deriva da jwz, che significa “mezzo”: questo riferimento locale sarebbe stato ispirato dal fatto che la costellazione si trova a cavallo dell’equatore celeste; quanto a yad, “femmina”, si tratterebbe di una figura femminile che gli Arabi, prima di recepire l’astronomia alessandrina, avevano inserito in questa zona includendo nell’asterismo sia le stelle di Orione sia quelle dei Gemelli. Ma la stella più luminosa della costellazione, la settima del cielo, è la supergigante bianca Rigel (β Orionis, di magnitudine 0,14), che culmina alla mezzanotte del 12 dicembre. Il suo nome, coniato per la prima volta nelle Tavole alfonsine, deriva da rijl jauzah al Yusra, “il piede sinistro di Orione”, perché è situata in quella posizione. Dalla parte opposta di Rigel, sulla coscia del Cacciatore, a segnare uno dei due punti della base della costellazione, vi è Saiph (κ Orionis, di magnitudine 2,06): da saiph al jabbar, “la spada del gigante”, forse perché anticamente la si disegnava fino a quel punto. Ogni anno le meteoriti Orionidi irradiano da un punto vicino al confine con i Gemelli: intorno al 21 ottobre se ne possono vedere fino a venti all’ora. L’ Auriga e la Capra La costellazione dell’Auriga è collegata al Toro perché hanno una stella in comune, Al Nath (γ Aurigae ovvero β Tauri, di magnitudine 1,65), da al natih, “quello che cozza”: così detta perché rappresenta l’estremità del corno settentrionale dell’animale, ma contemporaneamente il calcagno destro del cocchiere, tant’è vero che era detta originariamente in arabo Al Ka’b dhi’l’Inan con lo stesso significato. Inoltre la sua lucida, Capella (α Aurigae, di magnitudine 0,06), sesta del cielo in ordine di grandezza, sorgeva fra il 4380 e il 2220 a.C., all’equinozio di primavera, insieme con la costellazione del Toro. Ce lo conferma una scritta sumera tracciata in cuneiforme su una tavoletta di argilla: “Quando il primo giorno del mese di Nisan la Stella delle stelle Dilgan e la Luna sono parallele, questo è un anno normale. Quando il terzo giorno del mese di Nisan la Stella delle stelle e la Luna sono parallele, quell’anno è pieno”. Il mese di Nisan cominciava con l’equinozio primaverile mentre Dilgan era la nostra Capella. In latino capella significa “piccola capra”: così detta perché segna sulla schiena dell’Auriga quest’animale tenuto con il braccio sinistro dal “cocchiere”, il quale regge nella mano sinistra due capretti minuscoli, detti in latino Haedi (ζ e η Aurigae, rispettivamente di magnitudine 3,76 e 3,18). Un’altra stella rilevante è Menkalinan (β Aurigae, di magnitudine 1,9), da al mankib dhi’l’Inan, “la spalla dell’Auriga” perché è situata su quella destra: in cielo appare di fianco a Capella. |