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ASTROLOGIA OFIUCO MITOLOGIA GRECA ROMANA
Secondo Igino, si sarebbe trattato di Eracle-Ercole, rappresentato mentre sulle rive del fiume Sagaris stava uccidendo un serpente che massacrava gli abitanti e devastava i campi coltivati. Per ricompensa Onfale, la regina di quel paese, lo rimandò ad Argo carico di doni mentre Zeus lo incastonava nel cielo stellato. Ma vi era anche chi lo chiamava Triopa (Triopas), re di Tessaglia, il quale un giorno decise di demolire il tempio di Demetra perché gli servivano quelle pietre per completare il suo palazzo. Per punirlo del sacrilegio la dea gli inflisse la pena di soffrire eternamente la fame; e alla fine della vita lo obbligò ad affrontare un drago che l’uccise. Lo incastonò infine nel firmamento con un drago che lo stringe eternamente nelle sue spire. Secondo il poeta alessandrino Polizelo di Rodi, Ofiuco sarebbe stato Forbante (Forbas), l’eroe tessalo della stirpe dei Lapiti che, spinto da una tempesta, approdò nell’isola dove un enorme drago, che aveva ucciso centinaia di abitanti, aveva costretto i sopravvissuti a fuggire lontano dalla patria. Forbante non esitò nemmeno un minuto a massacrare il mostro insieme con tutte le belve che lo circondavano. Apollo decise allora di premiarlo per l’eternità sistemandolo in cielo nelle sembianze di un uccisore di draghi. Gli astronomi invece erano inclini a vedervi Asclepio (Asklepios), che i Latini chiamarono Esculapio (Aesculapius), celebrato nell’inno omerico come “risanatore dei morbi”, “grande conforto per gli uomini, dio che scongiura le crudeli sofferenze”. Sulla sua nascita si narravano tanti miti. Secondo il più diffuso, Apollo aveva amato Coronide, la figlia del re tessalo Flegia; mentre era incinta del dio, la giovane aveva ceduto all’amore di un mortale, Ischi, figlio di Elato. Il dio, informato subito dell’accaduto da un corvo, uccise l’infedele. Ma quando Coronide già bruciava sulla pira funebre, Apollo fu preso dal rimorso e, prima che le fiamme ne consumassero il corpo, con l’aiuto di Ermes strappò dalle sue viscere il bimbo ancora vivo. Così nacque Asclepio, che fu affidato al centauro Chirone per la sua educazione. Il giovinetto apprese così bene le arti del centauro che divenne un abilissimo chirurgo e un esperto di farmaci, tant’è vero che è considerato ancora oggi il leggendario padre della medicina. Scoprì addirittura un rimedio che permetteva di resuscitare i morti: il sangue colato dalle vene della Gorgone che egli aveva ricevuto in dono da Atena. Utilizzando quello della parte destra, che era benefico, aveva restituito la vita a molti morti, fra cui Capaneo, Licurgo, Glauco, figlio di Minosse, e Ippolito, figlio di Teseo. Ma Ade, temendo che sconvolgesse l’ordine del mondo con quel rimedio, convinse Zeus a colpirlo con una folgore. Poi, pentito, lo resuscitò ponendo fra le stelle la sua immagine con un serpente fra le mani. Anche la presenza del rettile venne giustificata mitologicamente narrando che un giorno Asclepio stava riflettendo con una bacchetta in mano sul modo migliore per resuscitare Glauco, il figlio di Minosse e Pasifae, annegato in una giara colma di miele mentre stava inseguendo un topo. A un tratto un serpente tentò di salire sulla sua bacchetta, ma Asclepio lo uccise colpendolo ripetutamente con lo stesso legno. Poco dopo giunse un altro serpentello tenendo in bocca un’erba che pose sulla testa del primo facendolo tornare in vita. Poi i due rettili fuggirono abbandonando per terra l’erba miracolosa. Asclepio la utilizzò subito per resuscitare Glauco. “Per questo motivo il serpente fu posto sotto la protezione di Asclepio e fra gli astri” commenta Igino. “Questa consuetudine spinse i suoi successori a fare utilizzare i serpenti dai medici”. |