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ASTROLOGIA IL LUPO E L'ALTARE MITOLOGIA GRECA ROMANA
IL LUPO Nell’antichità l’animale che il Centauro pare condurre infilzato a una lancia fino all’Altare non si chiamava Lupo (Lupus): era detto genericamente dai Greci therion (belva, animale selvaggio). Eratostene aveva scritto che il Centauro teneva l’animale trafitto da una lancia volgendosi verso la costellazione attigua dell’Altare (Ara), quasi fosse sul punto di sacrificarlo. Sulla loro scia i Romani lo chiamarono genericamente Bestia oppure Vittima (hostia), come testimonia Igino scrivendo: “Così s’avvicina all’Altare con una vittima, come Giove ha voluto rappresentarlo”. Ma Arato nei Fenomeni aveva dato un’altra immagine della scena scrivendo: “…la belva che il Centauro tiene con la mano destra”. E Tolomeo aveva descritto nell’Almagesto il Centauro che sosteneva quell’animale con una mano e il tirso nell’altra. L’ ALTARE Quell’altare ricordava un avvenimento mitico. Quando Zeus, diventato adulto, volle detronizzare il padre Crono, chiese consiglio a Meti, la Prudenza, che gli consegnò un veleno. Con l’aiuto di Rea si travestì da coppiere e dopo aver mescolato il veleno al vino ne offrì una coppa a Crono che, colto da conati di vomito, rigettò tutti i figli inghiottiti tanto tempo prima. Poi, insieme con i fratelli che aveva riportato alla luce, gli mosse guerra. Crono a sua volta chiese aiuto ai fratelli Titani, liberandoli dal Tartaro dove li aveva rinchiusi. Ma non tutti si schierarono con lui: Iperione, Oceano, Teti, Temide e Mnemosine, memori del suo precedente tradimento, preferirono allearsi con Zeus che aveva al suo fianco gli dei olimpici. La guerra attraversò fasi alterne finché Zeus, seguendo i consigli di Gea, liberò dal Tartaro gli altri Uranidi che vi erano rinchiusi: i Ciclopi e gli Ecatonchiri dalle cento braccia e dalle cinquanta teste. Ma i prigionieri non riuscivano a rialzarsi, stremati dal letargo dovuto alla lunghissima prigionia: dovette somministrare loro ambrosia e nettare perché si destassero, accettando di aiutarlo nella guerra. I Ciclopi, maestri nel forgiare le armi, costruirono per Zeus uno scettro che gli permetteva di lanciare terribili saette e dirigere il fuoco distruttore dove voleva; forgiarono per Poseidone il tridente, un’arma magica; e per Ade il celebre elmo che rendeva invisibili. Infine costruirono un mastodontico altare sul quale Zeus celebrò il primo sacrificio: il suo fumo che si levava nel cielo permetteva fra l’altro di celare la direzione e la potenza dei fulmini che il dio scagliava dall’Olimpo. A loro volta gli Ecatonchiri dalle cento mani, gettando simultaneamente miriadi di pietre, riuscirono a catturare molti Titani. Gli altri furono messi in fuga da un urlo raggelante di Pan, il quale scatenò in loro quel sentimento di terrore che da allora fu chiamato “panico”. I Titani sconfitti furono rinchiusi di nuovo nel Tartaro, una voragine buia e profonda quanto la distanza fra la Terra e il Cielo. Il loro capo, Atlante, esiliato su una catena di montagne ai confini del mondo, venne condannato a reggere sulle spalle l’intera volta celeste. Quanto all’Altare ciclopico, Zeus volle collocarlo come costellazione all’estremità meridionale del cielo, all’inizio della Via Lattea, la quale a sua volta doveva simboleggiare il fumo del primo sacrificio: il modello di tutti i sacrifici compiuti dagli uomini prima di iniziare ogni impresa. |