
Ho deciso di scrivere questo post, sperando di fare cosa gradita ai miei amici lettori, per riportare sinteticamente alcuni dati storici relativamente all’iter evolutivo dell’astrologia nell’America Precolombiana.
La scienza astrologica dei Maya e degli Aztechi si rivela sviluppata, come quella cinese, dai documenti sfuggiti agli spagnoli invasori. I Maya studiarono il corso degli astri per stabilire il calendario indispensabile per la celebrazione delle feste e delle cerimonie religiose. Come i Caldei, gli astrologi erano dei sacerdoti. La struttura della società e degli stati dell’America precolombiana mirava a riflettere l’ordine celeste. Presso gli antichi messicani lo Zodiaco era simbolizzato da un serpente rappresentante la fascia zodiacale, i 4 punti cardinali, presieduti da 4 Bacab, signori divini, erano rappresentati da 4 nodi del serpente. I sacerdoti indovini dei Maya erano consultati per fare alla nascita l’oroscopo d’ogni bambino. Il calendario era soprattutto una scienza di cicli che s’incastravano gli uni negli altri, una ruota di 260 giorni (Tonalamatl) ognuno con un simbolo fisso, che predestinava non solo la vita individuale ma anche quella collettiva; i sogni, gli animali, i fantasmi, i profumi dei fiori erano interpretati. Al 260° giorno iniziava un altro ciclo, dominato da uno dei 4 signori della notte. I Maya utilizzavano anche l’anno venusiano di 584 giorni: 5 anni venusiani corrispondevano a un ciclo di 8 anni solari (un anno solare era formato da 18 periodi di 20 giorni, più 5 o 6 giorni supplementari). Ogni anno era dedicato a uno dei 4 punti cardinali e a un elemento. Da notare l’estrema complessità del calendario maya-azteco con l’interferenza del ciclo lunare, solare, venusiano. Il dio Tetacatlipoca, una personificazione del solstizio d’estate, era raffigurato tenente in mano uno specchio dove guardava il riflesso di tutti gli avvenimenti che si producevano nel mondo. Itzamna, uno dei grandi dei Maya, era scolpito con la testa stretta dalla doppia bocca del serpente zodiacale e dal corpo cosparso di segni planetari. L’etnografo Alexander Burr vede nel motivo fondamentale del serpente piumato, costante dell’arte precolombiana, l’immagine dell’unione delle parti superiori e di quelle inferiori dell’universo; il serpente messaggio della Terra, l’uccello del cielo. Fra le rovine di Chichen, città santa nello Yucatan, ricostruita nel VII sec. della nostra era dai Maya, uno dei templi è specificatamente astrologico, è una piramide di 7 gradi (lo stesso simbolismo delle ziggourat babilonesi): la costruzione era orientata verso i 4 punti cardinali, ai quattro lati una scalinata di 91 gradini, in cima alla piramide un tempio cubico che aggiunto al totale degli scalini (364) darebbe un totale di 365. Gli Incas del Perù mettevano la loro cosmologia sotto il segno d’una complementarità tra il principio attivo (Inti, il Sole) simbolizzato dall’aquila, e un elemento passivo e materno (Quilla, la Luna), simbolizzato dal gatto e dalla tigre. A Cuzco, città santa e capitale degli Incas, il Sol levante faceva nel solstizio d’estate risplendere un disco d’oro sospeso alla muraglia del tempio di Coricancha. Gli Incas figuravano al centro del mondo il Sole circondato da 10 corsieri zodiacali e da 4 uccelli piazzati nei punti cardinali. Il Sole, dio supremo, era festeggiato una volta all’anno dopo quattro giorni di digiuno e penitenze, l’eclisse era considerata un evento terribile che scatenava riti espiatori: i prigionieri, con il corpo dipinto di bianco e una maschera nera a somiglianza della notte stellata, erano sacrificati al Sole per nutrirlo della sostanza magica della vita e rafforzarlo della propria. Nelle diverse culture indiane dell’America del nord, centrale e del sud, si ritrovano le vestigia di complesse speculazioni astrologiche, come la divisione dei «pueblos» dei pellerossa in 7 quartieri, corrispondenti (in analogia coi 7 settori planetari) alle direzioni dello spazio Nord, Sud, Est, Ovest, Nadir, Zenit, Centro.
La scienza astrologica dei Maya e degli Aztechi si rivela sviluppata, come quella cinese, dai documenti sfuggiti agli spagnoli invasori. I Maya studiarono il corso degli astri per stabilire il calendario indispensabile per la celebrazione delle feste e delle cerimonie religiose. Come i Caldei, gli astrologi erano dei sacerdoti. La struttura della società e degli stati dell’America precolombiana mirava a riflettere l’ordine celeste. Presso gli antichi messicani lo Zodiaco era simbolizzato da un serpente rappresentante la fascia zodiacale, i 4 punti cardinali, presieduti da 4 Bacab, signori divini, erano rappresentati da 4 nodi del serpente. I sacerdoti indovini dei Maya erano consultati per fare alla nascita l’oroscopo d’ogni bambino. Il calendario era soprattutto una scienza di cicli che s’incastravano gli uni negli altri, una ruota di 260 giorni (Tonalamatl) ognuno con un simbolo fisso, che predestinava non solo la vita individuale ma anche quella collettiva; i sogni, gli animali, i fantasmi, i profumi dei fiori erano interpretati. Al 260° giorno iniziava un altro ciclo, dominato da uno dei 4 signori della notte. I Maya utilizzavano anche l’anno venusiano di 584 giorni: 5 anni venusiani corrispondevano a un ciclo di 8 anni solari (un anno solare era formato da 18 periodi di 20 giorni, più 5 o 6 giorni supplementari). Ogni anno era dedicato a uno dei 4 punti cardinali e a un elemento. Da notare l’estrema complessità del calendario maya-azteco con l’interferenza del ciclo lunare, solare, venusiano. Il dio Tetacatlipoca, una personificazione del solstizio d’estate, era raffigurato tenente in mano uno specchio dove guardava il riflesso di tutti gli avvenimenti che si producevano nel mondo. Itzamna, uno dei grandi dei Maya, era scolpito con la testa stretta dalla doppia bocca del serpente zodiacale e dal corpo cosparso di segni planetari. L’etnografo Alexander Burr vede nel motivo fondamentale del serpente piumato, costante dell’arte precolombiana, l’immagine dell’unione delle parti superiori e di quelle inferiori dell’universo; il serpente messaggio della Terra, l’uccello del cielo. Fra le rovine di Chichen, città santa nello Yucatan, ricostruita nel VII sec. della nostra era dai Maya, uno dei templi è specificatamente astrologico, è una piramide di 7 gradi (lo stesso simbolismo delle ziggourat babilonesi): la costruzione era orientata verso i 4 punti cardinali, ai quattro lati una scalinata di 91 gradini, in cima alla piramide un tempio cubico che aggiunto al totale degli scalini (364) darebbe un totale di 365. Gli Incas del Perù mettevano la loro cosmologia sotto il segno d’una complementarità tra il principio attivo (Inti, il Sole) simbolizzato dall’aquila, e un elemento passivo e materno (Quilla, la Luna), simbolizzato dal gatto e dalla tigre. A Cuzco, città santa e capitale degli Incas, il Sol levante faceva nel solstizio d’estate risplendere un disco d’oro sospeso alla muraglia del tempio di Coricancha. Gli Incas figuravano al centro del mondo il Sole circondato da 10 corsieri zodiacali e da 4 uccelli piazzati nei punti cardinali. Il Sole, dio supremo, era festeggiato una volta all’anno dopo quattro giorni di digiuno e penitenze, l’eclisse era considerata un evento terribile che scatenava riti espiatori: i prigionieri, con il corpo dipinto di bianco e una maschera nera a somiglianza della notte stellata, erano sacrificati al Sole per nutrirlo della sostanza magica della vita e rafforzarlo della propria. Nelle diverse culture indiane dell’America del nord, centrale e del sud, si ritrovano le vestigia di complesse speculazioni astrologiche, come la divisione dei «pueblos» dei pellerossa in 7 quartieri, corrispondenti (in analogia coi 7 settori planetari) alle direzioni dello spazio Nord, Sud, Est, Ovest, Nadir, Zenit, Centro.